La domanda giusta.

«”Quarantadue!” urlò Loonquawl. “Questo è tutto ciò che sai dire dopo un lavoro di sette milioni e mezzo di anni?”
“Ho controllato molto approfonditamente,” disse il computer, “e questa è sicuramente la risposta. Ad essere sinceri, penso che il problema sia che voi non abbiate mai saputo veramente qual è la domanda.”»

Voglio iniziare la settimana così, con una bella citazione presa direttamente da “Guida Galattica per Autostoppisti“. Nel libro/film, un computer viene incaricato di trovare la risposta definitiva alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto. La risposta, appunto, è 42. Ma qual è esattamente la domanda?

Nella vita è più importante avere le giuste risposte o fare le giuste domande? Ovviamente le prime non possono arrivare se non attraverso le seconde. Porsi e porre agli altri le giuste domande è sempre di fondamentale importanza.

Tra le varie cose che ho esplorato in questi anni, ci sono anche le tecniche di coaching; mi ha sempre affascinato l’idea della maieutica socratica, di aiutare le persone a trovare le risposte che sono inconsapevolmente già dentro di noi. Trovo che sia qualcosa davvero ai limiti della magia.

Il problema fondamentale è che spesso noi ci concentriamo, appunto, sui problemi e mai su ciò che li causa e sulle possibili soluzioni; ovviamente le domande che ci poniamo saranno quindi “sbagliate”, poichè non ci daranno le risposte che davvero cerchiamo. Ma quali sono le domande giuste? Questa, è davvero il caso di dirlo, è un’ottima domanda.

Il primo passo verso la giusta direzione è iniziare ad “ascoltare” le domande che ci facciamo internamente: ad esempio, se vogliamo affrontare un problema abbiamo due metodi d’approccio. Il primo, più vittimista e passivo, può essere caratterizzato da domande tipo “Perchè è sorto questo problema proprio ora?”. Non è di per se sbagliato  cercare la causa di un problema, ma concentrarsi sul problema stesso non è per definizione una soluzione. Il secondo approccio potrebbe invece essere “Come posso superare questo problema?”. La prospettiva è totalmente differente, perchè in questo caso la nostra attenzione passa dal problema alla possibile soluzione. Il nostro cervello farà poi il resto del lavoro.

Iniziare con questo metodo di auto-ascolto, può dare qualche risultato, ma essendo davvero complicato essere critici con se stessi, non sempre darà i frutti sperati.

Inoltre porsi le domande nel modo più propositivo possibile, non renderà automaticamente queste domande quelle migliori per la propria crescita. Molto dipende da quanto davvero ci conosciamo, quanto sappiamo dei nostri desideri più profondi e delle nostre paure.

Hai un metodo per capire se ti poni le giuste domande? Ti sei mai posto questo problema o è la prima volta che ne senti parlare?

 

 

 

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